Anche oggi ho lavorato con il Team Jaime e ho avuto l’opportunità di familiarizzare con altre tecniche di diserbo e manutenzione. Jaime sembra particolarmente ben disposto nel farmi fare un altro giro del Dell Garden per illustrarmi le diverse tecniche che utilizzano. Mi sento da un lato lusingata per il tempo che mi dedica, e dall’altro stranita perché in genere è un uomo schivo, taciturno, molto concentrato sul suo lavoro e poco aperto. Dice che non gli capita spesso di avere volontari davvero interessati e tiene a spiegare il suo metodo.
Oggi mi fa vedere alcune erbacce in stadio vegetativo avanzato che sono state trattate con uno spray foliare acido che brucia la patina dalla superficie delle foglie e le fa morire lentamente senza interferire sugli insetti. Non mi ha detto di che sostanza si tratti, ma certamente non sembrava a suo agio con la pratica.
A causa del lockdown di 9 settimane in primavera, quest’anno non è stato possibile intervenire al momento giusto e molte delle erbacce che solitamente venivano sarchiate a marzo sono diventate piante a pieno titolo e hanno richiesto un intervento chimico.
Jaime insiste sul fatto che la prevenzione è la chiave, sia nel diserbare sarchiando che nel praticare il deadheading, un termine che suona più da thriller che da giardinaggio. Togliere lo sfiorito prima che vada in seme è la strategia vincente.
Nel meraviglioso Dell Garden, dove ogni pianta sembra condurre una vita più intrigante della mia, ci troviamo di fronte a una rivelazione stupefacente: il problema principale non sono solo le erbacce, ma anche il fatto che le piante delle bordure sono veri e propri divi hollywoodiani, con auto-seminazioni e auto-ibridazioni da impedire assolutamente.
Ecco, quindi, la soluzione illuminante: privare le piante del diritto di seguire il loro corso naturale. Un po’ come mettere in pratica il concetto di controllo delle nascite nel regno vegetale. In pratica, niente semi, niente ibridazioni selvagge. Togliere lo sfiorito, impedendo alle piante di fare il proprio gioco da casinò, rinunciando quindi alla possibilità do ottenere una combinazione vincente spontanea.
Il Dell Garden, nato come esperimento botanico negli anni ’50, ha una storia più complessa di una telenovela venezuelana. Alan Bloom, l’artefice originale, voleva piante madri pure come una suocera senza macchia. Jaime segue ancora il manuale di Alan dopo quasi 70 anni, come se fosse una bibbia botanica.
Ebbene sì, nel mondo bizzarro del Dell Garden, i fiori vengono rimossi più velocemente di una maglietta davanti al mare d’estate. Appena intravedono la gloria dell’appassimento, puff, se ne vanno come attori deludenti dopo il primo ciak.
E poi arriva l’atto finale: la grande rasatura delle piante al termine del periodo vegetativo. Jaime tiene a spiegare la logica dietro questa pratica, che a me sembra più una giustificazione che una convinzione personale nel suo operato. Dopo aver rasato ogni pianta ed aver bruciato le fronde, le aiole, ora simili a letti di cimitero con le targhette delle temporaneamente defunte piantine, vengono rastrellate attentamente da foglie cadute e residui della potatura, per evitare malattie funginee, come sostiene lui.
Mi mostra l’ordine estivo delle aiuole da lui così gestite, a confronto con le aiuole del Summer Garden di Adrian, dove lo sfiorito viene tolto solo in estate per incoraggiare altre fioriture e poi nulla viene più tagliato fino a marzo. Sinceramente non vedo tutta questa differenza. Eppure, non posso fare a meno di pensare al fatto che in autunno stalkero i miei vicini di casa per ottenere le foglie cadute nei loro cortili, convinta di quanto siano preziose per nutrire la terra. E, non da meno, tutti i capolini sfioriti delle piante non tagliate durante l’inverno daranno cibo e ristoro a centinaia di insetti e uccellini, oltre ad offrire uno spettacolo per gli occhi di chi ci lavora o per chi alloggia al maniero in inverno.
Dall’altro lato, Jaime sostiene che le aiuole di fronte al maniero sono state rovinate da Adriano, il quale ha deciso di deviare dalla tecnica originale, lasciando le graminacee intatte fino a marzo per regalare uno spettacolo agli occhi di chi soggiorna al maniero in inverno. Io guardo attentamente, ma sinceramente non riesco a notare alcun danno. A parte una kniphophia che sembra essersi persa per strada e si gode la vista sdraiata sul dialetto, per me è sinonimo di perfezione. Forse la visione di Jaime è un po’ troppo ortodossa, mentre Adriano aggiunge un tocco di creatività che a me, personalmente, non dispiace affatto.
Inizio a dare un volto e un nome a quella strana sensazione di ieri. Jaime sembra essere in una sorta di gara con Adriano. Ora capisco meglio i tanti commenti critici sulle scelte di Adriano. Jaime ha passato 35 anni eseguendo tecniche ripetitive, forse senza neanche crederci davvero, mentre Adriano ha continuato a sperimentare stili diversi di giardino, dando libero sfogo alla sua curiosità e creatività con grande successo a livello mondiale.
La sua disponibilità, agli occhi miei, cambia faccia. Mi irrigidisco. Ho l’impressione che dietro ogni sua affermazione ci sia un secondo fine, e questo fa scemare la mia stima e fiducia nei suoi confronti. Forse è ora che Jaime esplori un po’ di più il suo lato “Adriano” e dia spazio alla sua curiosità, visto che sembra un po’ represso in questo momento.
Passiamo alla parte pratica del lavoro di oggi. Per fortuna, non sono certificata per il diserbo chimico e quindi mi viene chiesto solo di diserbare a mano.
Mi hanno costretto a dare l’addio a un’intera schiera di splendide pianticelle: graminacee, lunarie, papaveri, verbene, brunnera, pulmonarie. Come una principiante ingenua, sentivo il dovere di salvare tutte queste piante e il mio cuore si stringeva al solo pensiero di tale spreco. Mentre asporto le povere vittime del diserbo, la mente mi frulla e immagino quanto sarebbe stato bello se queste piantine potessero trovare una seconda vita, magari invasate e vendute ai visitatori del giardino. Un modo per portare a casa non solo un ricordo, ma una promessa di verde futuro da curare e amare, creando così un legame tangibile con il giardino.
E così, con l’animo di chi sogna in grande, mi avvicino a Jaime per condividere la mia idea. Ma l’espressione sul suo volto si tramuta in una smorfia sprezzante, quasi come se avessi suggerito di trasformare il giardino in una pista da bowling. Un momento imbarazzante che rende il silenzio più fragoroso.
“Jaime,” dico con un sorriso timido, “che ne diresti di invasare queste piccole bellezze e metterle in vendita? I visitatori potrebbero portarsi a casa un pezzo del giardino.”
Segue un sospiro gentile da parte di Jaime, come se il mio entusiasmo fosse un capriccio infantile. “Qui facciamo sul serio,” risponde con la sua consueta pacatezza, “abbiamo centinaia di varietà di piante prodotte dal vivaio che vogliamo vendere. Perché dovremmo perdere tempo con queste erbacce…”
Capisco quindi che Jaime preferisce concentrarsi su operazioni più “seriose”. Si è circondato nel tempo di collaboratori che seguono gli ordini senza troppo fronzoli. Non cercano di innalzare il giardinaggio a un’arte di marketing. Non piantano nuovi semi di curiosità. Non hanno il desiderio di creare giardini nelle loro case. Il giardinaggio è un lavoro, e una volta terminato il turno, si torna a casa senza portare con sé altro se non la stanchezza.
“Capisco, Jaime,” dico con un sorriso, “forse è solo la mia anima da principiante che sogna troppo. Ma chi sa, magari un giorno cambierai idea sulla magia delle erbacce invasate.”
Jaime annuisce, forse con un briciolo di compassione per la mia ingenuità. Mi allontano con la speranza che il mio entusiasmo abbia piantato un seme nel cuore di Jaime, anche se si tratta solo di un piccolo seme d’idea. E mentre lui continua con il suo giardinaggio “serio”, io continuo a sognare di vedere un giorno visitatori entusiasti portare a casa una piccola erba cresciuta nel nostro adorato giardino.
Come inizia a starmi antipatico!
Il momento clou della giornata è stato un incontro di sguardi e un saluto con un sorriso a 82 denti tra me e Matt. Stava passeggiando nel giardino con suo padre, e da quanto ho potuto notare, sembrava che stessero valutando alcuni lavori da fare… sembrava che il tempo si fosse improvvisamente fermato, il vento e gli uccellini sospesi nel nulla, e io potevo percepire solo il calore del suo sole. Ebbene sì, appena se ne è andato, mi sono sentita assolutamente ebete.








