Oggi è il Giardino a Prendersi cura di me – Intervista a Barbara Notarbartolo

Barbara Notarbartolo è la custode del suggestivo Parco Paternò del Toscano dal 2015. Questo straordinario giardino, creato con passione da Ettore Paternò, un collezionista di piante e paesaggista autodidatta, ha una storia ricca e affascinante. Negli anni ’60, Paternò ha introdotto piante sub-tropicali nella Sicilia Orientale, lasciando un’impronta indelebile con giardini prestigiosi sia in Sicilia che oltre i confini regionali, come i celebri giardini dei Villaggi Valtur.

Situato a Sant’Agata Li Battiati su terreno lavico, il Parco Paternò del Toscano è diventato il luogo in cui la passione e la dedizione di Paternò hanno preso vita. Oggi, Barbara Notarbartolo continua il suo lavoro, impegnandosi nel recupero e nello sviluppo di questo prezioso patrimonio botanico.

In questa intervista, abbiamo avuto il piacere di parlare con Barbara Notarbartolo, la nuora di Ettore Paternò, che condivide la sua esperienza e la sua visione per il futuro di questo straordinario giardino che visitiamo ogni primavera dal 2018.

Barbara, immagino che affrontare il compito imponente di riqualificare il giardino dopo un periodo di abbandono sia stato spaventoso. A cosa si è aggrappata nei momenti difficili?

All’inizio ero smarrita. Avevo subito la perdita di persone a me molto care. Camminavo tanto lungo i vialetti del giardino chiedendomi cosa avrei potuto fare. Non mi ero mai occupata del giardino e conoscevo soltanto il nome di qualche pianta, per averla sentita nominare da mio suocero oppure da mio marito, ma nulla di piu’. Percepivo intensamente un senso di responsabilità per questo patrimonio botanico di cui percepivo appena il valore. Ma, soprattutto, avvertivo un grande legame affettivo per questo luogo dove ho vissuto dal 1971, l’anno in cui mi sono sposata. Per rispondere alla sua domanda, direi che mi sono aggrappata al ricordo dell’amore che i miei suoceri e mio marito avevano nutrito per il giardino. Avvertivo che ora toccava a me prendermene cura, trasferendo il loro amore. Una sorta di proprietà transitiva… 

Mi chiedevo se ce l’avrei fatta. Ho iniziato a studiare. Ma la forza è scaturita in me anche perchè i miei figli potessero continuare a goderne. Loro hanno sempre amato questo giardino che custodisce tanti ricordi. Sentivo che, con le mie cure, il giardino avrebbe unito il passato al futuro.

Se dovesse descrivere ciò che le ha lasciato Ettore Paternò, come lo definirebbe?

Un patrimonio inestimabile. Quando ho iniziato a studiare, proprio dai libri che erano di mio suocero, e a consultare le riviste specializzate, ho iniziato a capire la rarità di alcune piante provenienti da tutto il mondo. Ho cominciato ad andare in giro per i vivai e ho capito anche il loro valore in termini economici.

Inoltre ho scoperto che mio suocero ha introdotto a Catania piante rare e importanti. Molte provengono da semi che lui stesso si era procurato attraverso amici e conoscenti.  

Era molto amato e stimato da tutte le persone che lavorano nel settore.

Come è cambiato negli anni il suo rapporto con il giardino e le piante? So che ha iniziato una sua piccola collezione di piante grasse e che di anno in anno recupera zone del parco ancora trascurate. Sente che il legame con il giardino è diventato più forte? 

Il legame affettivo per il giardino si è man mano trasformato. Dapprima mi limitavo a prendermi cura delle piante, degli alberi, nonchè dei sentieri, dei muretti a secco, ecc. Passeggiavo a lungo, esaminando ogni angolo. Poi stabilivo delle priorità, ma ascoltavo anche il giardiniere, che lavora con noi da molti anni, per sapere come affrontare le varie criticità. 

Si trattava, però, di un lavoro di manutenzione. Non pensavo minimamente di modificare nulla dell’impianto del giardino e non immaginavo di aggiungere altre piante: mi sembrava già così ricco e bello!

Gradatamente, durante le mie passeggiate, ho iniziato a vedere spazi che avrebbero potuto essere riempiti dalla chioma di qualche cespuglio oppure da qualche macchia colorata. Così ho provato ad inserire piante nuove che acquistavo nei vivai. All’inizio ero molto timida, perchè mi sembrava di profanare qualcosa che aveva già una sua bellezza. Ho commesso anche tanti errori. Ad esempio, desideravo una pianta specifica perchè, secondo me, avrebbe  illuminato un angolo del giardino con del colore? Peccato che, però, non tenevo conto dell’esposizione al sole e la pianta moriva miseramente!…

Tuttavia ho proseguito con tenacia, facendo tesoro degli errori e dei consigli di chi aveva più esperienza di me. 

Da semplice lavoro di manutenzione, adesso penso che il mio lavoro con il giardino si possa definire trasformativo. Credo che il legame con il giardino si sia rafforzato soprattutto quando ho iniziato a mettere a dimora piante nuove. Soprattutto quelle che ho desiderato e che ho cercato di procurarmi con tenacia. Ad esempio, per arricchire la collezione delle palme gia’ esistenti, che era il vanto di mio suocero. Le piante nuove hanno bisogno di cure maggiori e piu’ frequenti e, quindi, vai spesso vicino a loro, nella zona dove le hai piantate, per accertarti se stanno bene o se manca loro qualcosa. Sono come dei bambini di cui ti prendi cura e ti preoccupi se stanno crescendo bene…

Nel frattempo, mi sono accorta che alcune zone del giardino erano meno curate, perchè erano di passaggio. In una di queste, molto esposta al sole, ho arricchito la collezione di piante succulente. Altre zone sono state per me una scoperta ed è una gioia scoprire ancora angoli nuovi e inesplorati!

Il lavoro in giardino ci insegna la lungimiranza, la pazienza e l’importanza dei piccoli passi. In che modo direbbe che il suo sguardo sulla vita è cambiato da quando ha intrapreso questo meraviglioso viaggio

Direi che il giardino è per me una palestra che mi mette a confronto con il senso del limite. Il non potere programmare, o pensare di raggiungere chissà quali obiettivi, senza tenere conto delle stagioni, della terra, del sole, del gelo, dell’acqua, ecc. ecc. Tutti elementi che non dipendono da te, anzi ti sovrastano e dinnanzi ai quali ti senti molto piccolo. Direi che, in una parola, il lavoro in giardino mi ha insegnato l’umiltà.

Insieme a sua figlia sta curando la realizzazione di nuovi progetti di riqualificazione del Parco, ce ne vuole parlare? Cosa le ha dato la forza per realizzare la visione di ciò che sta accadendo oggi?

Il nostro giardino era vincolato dalla Sovrintendenza ai Beni Ambientali e, per questa ragione, siamo stati ammessi al finanziamento per i giardini storici, secondo un bando che è stato inserito nella programmazione del PNRR. Il progetto che verrà finanziato è curato da mia figlia,  e prevede un ampliamento del giardino con zone dedicate a servizi per un pubblico più vasto ( disabili, scolaresche, famiglie, ecc.) e sarà fruibile per molti giorni l’anno. E’ una proiezione verso il futuro che mi rende felice, anche perchè mio suocero sosteneva l’importanza del verde urbano per il benessere psico-sociale. Adesso avremo la possibilità di realizzare un progetto che lui avrebbe desiderato moltissimo!

Da ultimo, come pensa sarebbe la sua vita oggi se non avesse scelto di prendersi cura del Giardino?

E’ molto difficile rispondere a questa domanda. Da un punto di vista pratico, avrei continuato il mio precedente lavoro che, oggi, devo necessariamente ridurre nei tempi. Da un punto di vista emotivo, non saprei neanche immaginare la mia vita senza questo giardino. Se qualche anno fa ho iniziato a prendermene cura, oggi potrei affermare che è il giardino a prendersi cura di me. Innanzi tutto perchè mi mette in contatto con la vita che rinasce ogni volta:  con le stagioni, con le talee, i bulbi,  le nuove piante… Inoltre mi dà conforto, attiva il ricordo di momenti belli e li mantiene vivi dentro di me.

Il Parco di Paternò del Toscano è una della tappe del nostro viaggio alla scoperta dei giardini di Sicilia (leggi qui il programma). In attesa di rincontrare Barbara in quell’occasione, la ringraziamo per aver condiviso con noi la sua esperienza.

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