Bressingham – Diario di una giardiniera volontaria Giorno 3

Le mie serate sono molto rilassate, cuciniamo io e Judith, alle volte guardiamo una puntata di ‘The Crown’, alle volte leggiamo.

Judith ha iniziato a studiare l’Italiano qualche anno fa, per cui spesso facciamo conversazione nella mia lingua. Quanto ammiro questa donna – a 78 anni vive nel suo cottage da sola dalla morte del marito un anno fa, con la figlia ha una cavalla, cammina i suoi 10 miglia a settimana, continua a studiare l’italiano e viaggia tantissimo. E’ per me una donna di grande ispirazione, un modello sano a cui mirare (parlo come un’adolescente forse – ma credo che lo siamo tutti, a tutte le eta’, se rimaniamo vivi).

Ieri sera sbirciavo nella sua biblioteca per scegliere qualcosa da leggere e mi sono davvero emozionata a trovarvici ‘War in Valdorcia’ di Iris Origo. Non più di una settimana fa ero nel suo giardino al La Foce in occasione del Viaggio Floreale ‘Giardini e Natura della Valdorcia’ – mi aveva molto colpito la storia di questa coppia che ha dato vita ad una azienda agricola ormai abbandonata, nonostante le difficoltà della seconda guerra mondiale, e che anzi, proprio nella tragedia ha saputo creare e nutrire una forte comunità di resistenza umana oltre al bellissimo giardino.

La mattina mi sveglio sempre prestissimo, alle 6 sono già attiva.

Con un caffè fumante di cafetière torno a letto a leggere, e, alzando lo sguardo, mi godo il grande salice che riempie la finestra.

Avendo perfezionato il tragitto per venire al lavoro decido di entrare un’ora prima e stalkerare il giardiniere Phil, fare due chiacchiere ma soprattutto imparare ad usare gli attrezzi, perchè son stufa di portarmi dietro la carriola pesantissima per poi non usare quasi niente di quello che contiene. E così, facendo due chiacchiere mi metto a togliere le erbacce con lui, gli confesso che mi sento un pò sola laggiù e che non sono neanche certa di fare bene il mio lavoro. Con mio grande sollievo scopro che questo è il metodo Bloom: gettarti in mezzo all’oceano e dirti di nuotare – ci sono passati tutti. Ridendo, sollevata, noto che Phil sta togliendo il fastidiosissimo Oxalis nato in mezzo allo Stachys bizantina usando la forca a mano… Illuminazione. Mi son sentita deficiente per mezzo minuto per non averci pensato da sola, ma, consapevole che non mi serve a niente, mollo l’orgoglio, saluto Phil e corro a sterminare l’Oxalis nato in mezzo all’ Ajuga.

Entusiasta e orgogliosa del mio operato accolgo il signor Bloom che sorvola il mio successo e mi porta alla nuova zona di lavoro. Si, togliere il ‘Willow-herb’ ma anche identificare e segnalare con un bastoncino tutti i seedlings (piantine nate da seme) di un ontano dalle foglie dorate nate spontaneamente in mezzo a centinaia di altri seedlings di ontano comune che vanno invece estirpate. Mi sento investita di un compito importante. Il prossimo passo sarà di mettere queste piantine nei vasetti per essere osservate per 6 mesi prima di decidere se metterle sul mercato.

Il signor Bloom oggi è passato più spesso a vedere come procedeva il mio lavoro, abbiamo conversato sulle piante, sugli abbinamenti, i lavori da fare. È stato molto piacevole.

Inizio a capire il suo sistema di gestione di Foggy Bottom, il suo occhio per gli abbinamenti e il processo di creazione delle nuove aiuole. La cosa che più gli interessa è appunto scoprire nuovi cultivar nati spontamente nel suo giardino, osservarli, capire i potenziali genitori e osservare i caratteri nuovi che lo possano distinguere da altre varietà già esistenti. Nella creazione di nuove zone a Foggy Bottom, parte sempre dal concetto di insieme, ovviamente dà importanza alla riuscita della singola aiuola con scelte cromatiche e di volumi, ma sempre pensando allo sguardo che si alza e vuole poter vedere oltre. E’ sempre attento ai ‘corridoi’ visivi che guidano lo sguardo attraverso il giardino, spesso delineati con un’infilata di piante della stessa varietà che attraversa una o più aiuole, così da creare fiumi monocolore che uniscono le diverse zone del giardino e che se viste da diverse angolature offrono spettacoli diversi. Su suo invito, oggi mi son presa delle piccole pause per andare ad osservare le varie aiuole, scattare qualche foto e prendere nota delle piante che mi interessano.

Mi sono imbattuta in un corridoio di Heuchera ‘Prince’ (color porpora scuro) lungo circa 10 metri che attraversava due aiuole, costeggiato da Festuca glauca e Miscanthus sinensis. Correva come una colata lavica in mezzo ad arbusti piu alti dal fogliame di colori diversi, creando uno spettacolo unico. In un’altra zona sono rimasta catturata da una distesa di Imperata cilindrica ‘Rubra’ costeggiata da Verbena bonariensis che correva in mezzo a grandi cespugli di Erica vagans (che ho deciso essere la mia pianta simbolo) e conifere dalle sfumature brillanti potate a cono come il Juniperus squamata ‘Blue Star’. Il gioco di luce dei raggi solari intrappolati nelle punte rosse dell’Imperata e’ ipnotizzante!

La zona dove lavoro oggi è in ombra, caratterizzata principalmente da Hosta e Felci, due generi molto nutriti di varietà che offrono esemplari diversissimi con cui giocare di trame, forme e colori. Un vero piacere stare qui in una giornata calda come oggi.

Verso fine giornata il mio mentore mi porta a vedere una zona chiusa al pubblico dove coltiva mirtilli, rabarbaro ed una selezione di Erica carnea ‘Goldrush’ dorate bellissime. Domani dovrò togliere le erbacce dalle Eriche perché presto saranno trapiantate in una zona nuova del giardino e devono essere pulite. Al loro posto sorgerà il giardino Giapponese.

Gli chiedo cosa fa di buono con tutto quel rabarbaro, e scopro che piaceva tanto alla moglie che ne faceva diversi usi, ricevo la ricetta di una composta da fare al forno con l’offerta di portarne a casa un po’ e provare. A quanto pare la mia preghiera è stata ascoltata e domani lavorerò con Jerry, un signore che viene una volta a settimana, così magari non mi sentirò tanto sola. Aggiunge che ci sarà anche suo figlio Matt, che sta costruendo una pagoda giapponese.

Oggi mi sembra di volare sui pedali rientrando a casa.

Note sul rabarbaro:

Più lo raccogli e più produce, per cui fino ad agosto è opportuno raccogliere con regolarità le sue foglie, che vanno tirate e non tagliate, afferrando la foglia alla base. Dopo la seconda metà di agosto è meglio lasciar riposare la pianta, per assicurarsi un buon raccolto per l’anno successivo.

Cosa fare con il rabarbaro?

Io amo la composta di rabarbaro che per anni ho mangiato a colazione al B&B Windrush House nelle Cotswolds, mescolato allo yogurt, e frutta secca.

La ricetta è semplicissima:

1.tagliare gli steli in pezzetti di 5-10 cm a seconda della quantità e casseruola a disposizione (quando raccolgo il rabarbaro in orto lo pulisco direttamente togliendo la foglia che uso come pacciamatura)

2. zucchero – qui è veramente a discrezione e gusto. Il rabarbaro in sé è abbastanza acido di sapore, ma molto gustoso. Io con il diabete cerco di non abusare dello zucchero, ma confermo che è tanto più buono se più dolce. Quindi su un kg di rabarbaro puoi tranquillamente mettere 200-300 g di zucchero, il succo e la buccia di una arancia grattuggiata finemente e un goccio di liquore, che sia brandy, rum o un passito. Aggiungi una quantità minima di acqua, tanto coprire il fondo della casseruola e dopo averla portata ad ebollizione, falla andare a fuoco medio-basso per 15-20 minuti o fino a quando il rabarbaro sarà cotto del tutto ma non completamente sfatto. Questa composta può essere messa sottovuoto come le marmellate oppure congelata. Il rabarbaro crudo si presta anche ad essere congelato benissimo.

In alternativa, la versione della famiglia Bloom prevede più o meno le stesse quantità ma viene cotto in forno, per 1 ora a 140°C

2 thoughts on “Bressingham – Diario di una giardiniera volontaria Giorno 3

  1. Sandra Tosello says:

    Ciao Erica! Bellissima esperienza!!!!!!! Tra tutte le cose, mi piacerebbe capire come si fa ad estirpare l’Oxalis con la forca a mano (e com’è fatta esattamente una forca a mano)? Grazie!!!!

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